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La strategia del ragno (di B. Bertolucci, drammatico, 110’, Italia 1970)

Interpreti: Alida Valli, Giulio Brogi, Tino Scotti, Franco Giovanelli, Pippo Campanini.

Ispirato a Tema del traditore e dell’eroe di Jorge Luis Borges, è una favola problematica e labirintica dell’ambiguità, leggibile a due livelli, politico e psicanalitico. Bertolucci trasporta il tema della natura labirintica della verità variando il tempo dell’azione tra gli anni del fascismo (1936) e la fine degli anni 60, intersecando passato e presente con l’abilità di un prestigiatore. Athos Magnani ritorna nel natio borgo selvaggio Tara per scoprire l’assassino del padre, eroe anti fascista e figura mitologica fonte di complessi edipici. Ma sulla sua figura leggendaria di eroe “comunista” si allunga un’ombra inquietante. Come in puzzle Athos riesce ad avvicinarsi alla verità’, che e’ più’ complessa di quanto si pensasse e gli consegna una immagine del padre come traditore ed eroe ad un tempo.

Questo film è stato considerato la prima prova veramente matura di Bertolucci. Una svolta nel suo cinema. Si tratta infatti di un’opera che presenta una varietà’ e ricchezza di piani di lettura. Il primo di essi e’ costituito proprio dalla riflessione sul mito e sulla sua utilizzazione nel creare la cultura di un popolo e la memoria collettiva. Il secondo piano di lettura e’ quello psicoanalitico e riguarda i rapporti tra il protagonista e la figura ingombrante del padre-eroe che schiaccia la sua personalità’. E quando nella surreale scena finale Athos torna alla stazione per prendere il treno e andare via e scopre che treni non ne passano più’ e che i binari sono pieni di erbacce, si renderà’ conto che non si fugge il proprio passato, ma con esso bisogna fare i conti, se si vuole veramente disvelare a se stessi la propria identità.

Il comparto tecnico è eccellente. La regia di Bertolucci è perfetta, la cura dell’immagine è notevole, come testimoniano anche i diversi rimandi alla pittura, da certe inquadrature delle strade del paese che ricordano i quadri di De Chirico alle tavole di Antonio Ligabue che scorrono sullo schermo durante i titoli di testa. Tutto è funzionale a rendere le atmosfere sospese e opprimenti, in un film complesso e affascinante che mette in risalto le zone d’ombra e l’inautenticità della storia, come anche di ogni tentativo di ricostruirla.