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Workshop: Più di mille parole: la forza del fotogiornalismo, Fabio Bucciarelli – Bülent Kılıç

 

Pillole di giornalismo     
Voci da un mestiere in trasformazione

”Il mestiere del giornalista è difficile, carico di responsabilità, con orari luoghi, anche notturni e festivi. Ma è sempre meglio che lavorare”. La vecchia battuta attribuita a Luigi Barzini, uno dei maestri del giornalismo italiano, racchiude in sé molto del senso profondo della professione. Eppure, quel motto di spirito che tanto ha affascinato reporter novizi e navigati, nell’idea di fare un mestiere comunque diverso da tutti gli altri, oggi non sembra più così valido. O almeno, non può più avere lo stesso significato. Perché già solo fare il giornalista, tra precarietà e sfide dei nuovi media, è ormai fuori dalla portata di tanti, a volte anche a prescindere dal merito. E il fascino romantico evocato da Barzini appare oscurato da redazioni sovraccariche e collaboratori alienati.

Se la precarietà è da sempre parte dell’apprendistato del mestiere, oggi è la regola per molti che apprendisti non lo sono più da tempo. Ma tra tanti ostacoli, e pur nell’illusione di una ‘generazione automatica’ delle notizie attraverso il web, il mestiere del giornalismo resta centrale per il funzionamento di una società genuinamente democratica. Certo, in molti casi bisogna reinventare i modelli di lavoro, adattare i vecchi paradigmi ai nuovi strumenti e alle loro potenzialità: una sfida che questa serie di workshop vuole praticare, tentando di spiegare, anche con esempi pratici, come il mestiere è cambiato e come può ancora cambiare. Con l’aiuto di professionisti italiani e locali, ciascuno specializzato in un ambito, si analizzeranno temi e metodologie nel corso di quattro incontri distribuiti tra maggio e giugno. Nella convinzione che in una società davvero libera, del vero giornalismo non si potrà mai fare a meno. E l’unico modo per continuare a farlo, in fondo, resta quello di farlo bene.

Più di mille parole: la forza del fotogiornalismo
Fabio Bucciarelli – Bülent Kılıç

Come la parola scritta, anche la fotografia in questi anni è stata travolta dalla rivoluzione del web. L’affermazione degli strumenti digitali ha spalancato le vie di accesso al racconto per immagini, aprendo un appassionato dibattito sul valore attribuito alla qualità e al professionismo di fronte alla bulimia di foto virali. Forse per reazione, come in altri ambiti del mestiere, in molti sembrano oggi riscoprire l’importanza degli scatti frutto di lavoro ed esperienza. Ma il fotogiornalismo è spesso anche il regno dei fatti senza filtri. Una dinamica che solleva interrogativi cruciali per il mondo dell’informazione.
Al confine tra racconto immediato e sviluppo del contesto, il ruolo del fotoreporter vive oggi un’epoca di rinnovato vigore, in cui non mancano però le incognite. Questo workshop vuole analizzarla attraverso il confronto tra due professionisti pluripremiati, uno italiano e uno turco, Fabio Bucciarelli e Bülent Kılıç, che da anni lavorano in prima linea.

Fabio Bucciarelli (1980) è un fotografo e autore noto per la sua documentazione dei conflitti e delle conseguenze umanitarie della guerra. Negli ultimi anni ha raccontato i maggiori eventi che hanno cambiato il mondo in Medio Oriente, Africa ed Europa. Per il suo lavoro sulla guerra in Siria ha ricevuto la Robert Capa Gold Medal. Tra gli altri, ha ricevuto i premi World Press Photo, Prix Bayeux-Calvados, Pictures of the Year International, Best of Photojournalism, Leica Oskar Barnack, Sony International Photography Award, FotoEvidence. Il suo lavoro è spesso pubblicato su magazine e giornali internazionali e le sue immagini sono in mostra in musei e gallerie in diverse parti del mondo. Nel 2015, ha fondato con un altro fotografo la cooperativa MeMo, un apprezzato network per freelance che amano spingere in avanti i confini dello storytelling. Nel 2016, il suo libro “The Dream” è stato selezionato tra i migliori Photo-books dal Time magazine.

Bülent Kılıç è un fotografo turco nato nel 1979. Ha cominciato la sua carriera come giornalista nella stampa locale. Nel 2003 è diventato fotogiornalista e due anni dopo ha iniziato a lavorare per l’AFP come stringer. Da allora ha realizzato diversi reportage, raccontando eventi in alcune delle aree più calde del pianeta. Ha ricevuto numerosi premi internazionali. Nel 2014 è stato nominato Best Wire Photographer dal Time. Nel 2014 è stato anche premiato ai premi Bayeux-Calvados per i corrispondenti di guerra, alla competizione della North American Press Photographers Association e al concorso China International Press Photo. Nel 2015 ha vinto il primo premio nella categoria Spot News Single al World Press Photo per l’immagine di una ragazza ferita durante gli scontri tra dimostranti e forze di sicurezza nel marzo 2014. Ha vinto inoltre il terzo premio nella stessa categoria per la scioccante immagine di un bombardamento aereo della Coalizione contro militanti del gruppo Stato islamico nella città frontaliera siriana Kobane nell’ottobre 2014. Nel 2016, ha vinto il terzo premio nella categoria Spot News Story al World Press Photo. Ha vinto inoltre il Visa d’Or for News, il premio più prestigioso assegnato al festival Visa pour l’image di Perpignan, in Francia, per il suo reportage sui rifugiati siriani in fuga attraverso il confine turco.

Traduzione simultanea in turco

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