Pillole di giornalismo
Voci da un mestiere in trasformazione
”Il mestiere del giornalista è difficile, carico di responsabilità, con orari luoghi, anche notturni e festivi. Ma è sempre meglio che lavorare”. La vecchia battuta attribuita a Luigi Barzini, uno dei maestri del giornalismo italiano, racchiude in sé molto del senso profondo della professione. Eppure, quel motto di spirito che tanto ha affascinato reporter novizi e navigati, nell’idea di fare un mestiere comunque diverso da tutti gli altri, oggi non sembra più così valido. O almeno, non può più avere lo stesso significato. Perché già solo fare il giornalista, tra precarietà e sfide dei nuovi media, è ormai fuori dalla portata di tanti, a volte anche a prescindere dal merito. E il fascino romantico evocato da Barzini appare oscurato da redazioni sovraccariche e collaboratori alienati.
Se la precarietà è da sempre parte dell’apprendistato del mestiere, oggi è la regola per molti che apprendisti non lo sono più da tempo. Ma tra tanti ostacoli, e pur nell’illusione di una ‘generazione automatica’ delle notizie attraverso il web, il mestiere del giornalismo resta centrale per il funzionamento di una società genuinamente democratica. Certo, in molti casi bisogna reinventare i modelli di lavoro, adattare i vecchi paradigmi ai nuovi strumenti e alle loro potenzialità: una sfida che questa serie di workshop vuole praticare, tentando di spiegare, anche con esempi pratici, come il mestiere è cambiato e come può ancora cambiare. Con l’aiuto di professionisti italiani e locali, ciascuno specializzato in un ambito, si analizzeranno temi e metodologie nel corso di quattro incontri distribuiti tra maggio e giugno. Nella convinzione che in una società davvero libera, del vero giornalismo non si potrà mai fare a meno. E l’unico modo per continuare a farlo, in fondo, resta quello di farlo bene.
Rac-contare le migrazioni
Gilberto Mastromatteo
Sulle pagine dei giornali e in tv, come anche sui social network e i nuovi media, è il tema di questi anni. Un fenomeno che, in modo diretto o indiretto, coinvolge tutti i Paesi e costringe a ripensare schemi e modelli delle relazioni internazionali. Le migrazioni rappresentano il centro focale delle principali sfide geopolitiche del XXI secolo. Il caso della Turchia, con i suoi 3 milioni di profughi, frutto della crisi siriana, è l’ultimo di una lunga serie. Da anni, con la sua posizione al centro del Mediterraneo, l’Italia si trova a fronteggiare il fenomeno.
Eppure, il racconto delle migrazioni resta spesso retorico e superficiale, declinato più sulle esigenze di sicurezza che sulle emergenze umanitarie. Un lavoro giornalistico costante e approfondito appare oggi quantomai urgente. Da Lampedusa alle Colonne d’Ercole, dall’Afghanistan alla Siria, lo scenario è ampio e complesso. Chi ha l’ambizione di spiegarlo, deve mettere insieme professionalità e umanità, attenzione ai dettagli e al quadro d’insieme. Perché per essere raccontate, le migrazioni hanno anche bisogno di essere contate. Dalla scelta delle fonti al lavoro sul campo, una riflessione su quello che il giornalismo può e deve fare.
Gilberto Mastromatteo, giornalista freelance, esperto di migrazioni.
Negli anni ha scritto, tra gli altri, per Internazionale, Avvenire, Il Manifesto, L’Espresso e Famiglia Cristiana. Si occupa di Nord Africa, Sahel e dei temi legati alle rotte migratorie nel Mediterraneo.
Nel 2009 ha vinto il premio “Sodalitas – giornalismo per il sociale” con il video-reportage Le croci di Malta, già finalista al premio “Ilaria Alpi” 2008. Nel 2011 ha curato il documentario Locked in Limbo, sulla situazione dei migranti bloccati a Ceuta, Malta e Cipro.
Come corrispondente per Avvenire e Galatea ha seguito le sollevazione della “primavera araba” in Tunisia, Libia ed Egitto. In particolare ha seguito le vicende egiziane, dalla deposizione di Hosni Mubarak al breve governo di Mohammed Morsi, fino alla “democrazia militare” di Abdel Fatah Al Sisi. È esperto di Sahara Occidentale.
Attualmente si occupa di questioni migratorie per Avvenire e Internazionale.
Traduzione simultanea in turco e inglese
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