Pillole di giornalismo
Voci da un mestiere in trasformazione
”Il mestiere del giornalista è difficile, carico di responsabilità, con orari luoghi, anche notturni e festivi. Ma è sempre meglio che lavorare”. La vecchia battuta attribuita a Luigi Barzini, uno dei maestri del giornalismo italiano, racchiude in sé molto del senso profondo della professione. Eppure, quel motto di spirito che tanto ha affascinato reporter novizi e navigati, nell’idea di fare un mestiere comunque diverso da tutti gli altri, oggi non sembra più così valido. O almeno, non può più avere lo stesso significato. Perché già solo fare il giornalista, tra precarietà e sfide dei nuovi media, è ormai fuori dalla portata di tanti, a volte anche a prescindere dal merito. E il fascino romantico evocato da Barzini appare oscurato da redazioni sovraccariche e collaboratori alienati.
Se la precarietà è da sempre parte dell’apprendistato del mestiere, oggi è la regola per molti che apprendisti non lo sono più da tempo. Ma tra tanti ostacoli, e pur nell’illusione di una ‘generazione automatica’ delle notizie attraverso il web, il mestiere del giornalismo resta centrale per il funzionamento di una società genuinamente democratica. Certo, in molti casi bisogna reinventare i modelli di lavoro, adattare i vecchi paradigmi ai nuovi strumenti e alle loro potenzialità: una sfida che questa serie di workshop vuole praticare, tentando di spiegare, anche con esempi pratici, come il mestiere è cambiato e come può ancora cambiare. Con l’aiuto di professionisti italiani e locali, ciascuno specializzato in un ambito, si analizzeranno temi e metodologie nel corso di quattro incontri distribuiti tra maggio e giugno. Nella convinzione che in una società davvero libera, del vero giornalismo non si potrà mai fare a meno. E l’unico modo per continuare a farlo, in fondo, resta quello di farlo bene.
Vecchi modelli, nuovi mezzi: come far sopravvivere il reportage
Alberto Negri
Per molti reporter, è il genere più ambito. Per molti lettori, quello più affascinante. Di certo, è quello da cui si dipanano le immagini più suggestive e gli aneddoti più gustosi. Sulla scivolosa soglia tra giornalismo e letteratura, il reportage è uno strumento narrativo che da sempre contraddistingue l’espressione del Quarto Potere. Eppure, nella crisi di risorse economiche e creative del giornalismo, si è trasformato in un lusso concesso a pochi, spesso accompagnato dai vizi di un esercizio retorico lontano dal terreno. Per sopravvivere ai cambiamenti del mestiere e del mercato, il reportage ha bisogno di esaltare i nuovi mezzi narrativi, inclusi quelli del web, senza per questo abbandonare i vecchi modelli che lo hanno reso imprescindibile. Una sfida complessa ma necessaria, sui cui questo workshop intende riflettere con il contributo d’esperienza di uno dei maestri italiani del genere.
Alberto Negri è inviato speciale del “Sole 24 Ore”, per il quale da oltre trent’anni viaggia come corrispondente di guerra in Medio Oriente, Africa, Asia centrale e Balcani. Ha cominciato a 24 anni nel 1980 in Iran e l’ultimo servizio è proprio un reportage sulle elezioni presidenziali iraniane. Nel 2007 ha ricevuto il premio nazionale sul reportage di guerra Antonio Russo, nel 2009 il premio Maria Grazia Cutuli, nel 2011 il Città di Viareggio per i reportage sulle rivolte arabe, nel 2014 il premio Colombe per la pace. Nel 2016 ha ricevuto il premio Guidarello per il giornalismo d’autore. Il suo ultimo libro è “Il musulmano errante – Storia degli alauiti e dei misteri del Medio Oriente” (Rosenberg & Sellier, 2017).
Traduzione simultanea in turco
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