Che senso ha un film come “Umberto D” in un’Italia che si sta rapidamente avviando verso il boom economico? Dal punto di vista commerciale il successo è precluso. Ormai ogni anno giunge dall’America il triplo dei film prodotti in Italia, da lì a pochi anni sarà la volta delle epopee mitologiche degli Ercole e i Maciste, i cachet dei divi sono in prepotente ascesa e la televisione incombe.
È ancora un dovere morale sbandierare al vento i panni sporchi del Belpaese piuttosto che nasconderli o lavarli in famiglia? Il sottosegretario Giulio Andreotti, gran sostenitore della rinascita del cinema italiano a patto che non sia politico, criticò duramente il film che racconta la vicenda umana del protagonista, persona anziana che cerca di affrontare con dignità e senza rassegnazione la miseria economica, il decadimento fisico, la solitudine esistenziale.
Realizzato grazie al produttore Giuseppe Amato, il film incassa forse la metà di quanto speso e risulta uno dei clamorosi flop del neorealismo italiano. Ma già all’epoca fu amato da intellettuali come Pavese e Bazin. E oggi, oltre a segnalare il remake del 2008 con Jean-Paul Belmondo e Hafsia Herzi (“Un homme et son chien”), non possiamo che celebrarlo come una pietra miliare della nostra cultura. Che commuove ancora e commuoverà sempre.
Umberto è interpretato dall’attore non professionista Carlo Battisti, nella vita professore di glottologia all’Università di Firenze.
Cast: Carlo Battisti, Maria Pia Casilio, Lina Gennari, Memmo Carotenuto, Alberto Albani Barbieri
I film sono in lingua originale con sottotitoli in turco.
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